Tommie Smith (Clarksville, 6 giugno 1944) è stato un atleta statunitense, medaglia d'oro nei 200 m alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968 e primo uomo al mondo ad aver corso i 200 m in meno di 20 secondi.
John Wesley Carlos (New York, 5 giugno 1945) è stato un atleta statunitense, medaglia di bronzo nei 200 m alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968.
Città del Messico, 17 ottobre 1968, ore 18. Da poche ore è terminata la gara dei 200 m maschili. Sta per svolgersi la cerimonia di premiazione che vedrà questi atleti sul podio:
1° Tommie Smith, Usa, con il tempo di 19,83" (record mondiale, resisterà 21 anni, fino al 19,72" di Pietro Mennea)
2° Peter Norman, Australia
3° John Carlos, Usa
Appena la bandiera a stelle e strisce inizia a oscillare nel vento di quell’estate messicana, Tommie Smith e John Carlos rimangono in piedi sul podio, con le medaglie al petto, ma abbassano le loro teste, e alzano un pugno, il destro Smith, il sinistro Carlos, pugni evidenziati dai guanti di cuoio nero.
Tommie Smith da piccolo, dopo essersi salvato da un terribile attacco di polmonite, iniziò a lavorare nei campi di cotone; poi (visto che era determinato e amava lo studio) seguì l'università, dove ottenne due lauree e (visto che amava correre, ed era determinato...) tredici record universitari nell’atletica leggera. È stato uno dei più grandi sprinter dell’atletica leggera, tra i più forti di sempre nei 200 metri.
La sua premiazione divenne uno dei più grandi simboli per immagini di tutto il XX secolo, e si trattò senza dubbio della cerimonia più popolare di tutti i tempi, nonché un momento fondamentale per il movimento dei diritti civili degli afro-americani. Ad accompagnare Tommie Smith nella storia, il suo collega ed amico John Carlos, medaglia di bronzo nella stessa gara.
Smith disse più tardi a chi lo intervistò che il suo pugno destro, dritto nell’aria, rappresentava il potere nero in America, mentre il pugno sinistro di Carlos rappresentava l'unità dell'America nera. Con i loro pugni alzati, lì su quel podio olimpico, Tommie Smith e John Carlos comunicarono al mondo intero la loro solidarietà con il movimento del black power, che in quegli anni lottava aspramente per i diritti dei neri negli Stati Uniti.
In maniera non violenta i due stavano attuando quella disobbedienza civile che era stata auspicata da Martin Luther King (ucciso in un attentato a Memphis pochi mesi prima, il 4 aprile); i loro occhi rivolti verso il basso (e non verso la bandiera statunitense), insieme al loro pugni foderati di cuoio nero, suscitarono enorme scalpore e furiose polemiche: un gesto silenzioso che scavò dentro molte coscienze.
Quel gesto di portata mondiale spinse Tommie Smith alla ribalta come portavoce dei diritti umani, attivista e simbolo dell'orgoglio afro-americano, in casa ed all'estero. Smith ha poi avuto anche una discreta carriera come allenatore, educatore e direttore sportivo.
Ma torniamo a quelle olimpiadi del '68.
Il movimento dei diritti civili non aveva fatto molta strada nel tentativo di eliminare le ingiustizie subite dai neri d’America, e per attirare l'attenzione pubblica sulla questione; verso la fine del 1967, alcuni atleti neri avevano dato vita all’Olympic Project for Human Rights, OPHR, al fine di organizzare un boicottaggio alle olimpiadi che si sarebbero tenute l’anno successivo. Il leader del progetto era il dottor Harry Edwards, che, pur appoggiato da Smith e da altri, non riuscì però a convincere gli atleti neri della nazionale olimpica a partecipare al boicottaggio. I due atleti sfruttarono quindi il palcoscenico offerto dalla premiazione per rovinare la festa ai connazionali e al mondo razzista, almeno un po'.
L'altro atleta, l'australiano con la medaglia d’argento, sapute da Smith e Carlos le motivazioni della protesta che avevano in animo di mettere in piedi, prese parte volentieri all’evento: come è possibile notare nella foto in testa, portava sul petto un distintivo, c’era scritto OPHR. La provocazione era completa.
Una tempesta di oltraggi li investì: Avery Brundage, che era contemporaneamente presidente del Cio e del Comitato olimpico statunitense (si pensi che nel 1941 era stato espulso dal comitato olimpico statunitense per le sue idee filonaziste...), si batté per espellerli sia dalla squadra nazionale che dal villaggio olimpico, per vilipendio alla bandiera e ai Giochi olimpici. Eppure la loro leggenda era iniziata, legata strettamente, come molti fatti del 900, a un'immagine, una fotografia.
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