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Miti...e leggende!

Ultimo Aggiornamento: 07/04/2010 22:06
06/04/2010 10:20
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Allooooora!....ragazzi...e soprattutto tu doc!!
Postate tutto ciò che sapete riguardi miti e leggende...di ogni dove....di ogni come....di ogni quando!!



Io scontatissimamente inizio con Alfeo ed Aretusa, passando per Archimede!



Quando si parla di Greci in Sicilia viene subito in mente la città di Agrigento con i suoi bellissimi templi, ma quella più caratteristica, quella dove respiri realmente la storia greca, a mio avviso, è Siracusa.

Siracusa è stata l’ultima grande città siciliana che ha resistito alla colonizzazione degli arabi. E’ caduta dopo circa cinquanta anni di insediamento. Di rilevante interesse è il teatro greco (vale la pena andare a vedere le tragedie che ogni anno vengono rappresentate in maniera egregia dall'istituto nazionale del dramma antico di Siracusa), l’orecchio di Dionisio, la stupenda Cattedrale, che, come specificato nella sezione “forse non tutti sanno che…” è stata la prima chiesa cristiana in Europa…


Fu ed è la patria di un sacco di talenti che hanno fatto storia, come Teocrito, Elio Vittorini, Santa Lucia, il Papa Stefano III, Tommaso Gargallo e, aimè, la nostra cara Prestigiacomo.

Ma il personaggio più importante…el mejo del mejo…è il matematico ed inventore Archimede.

Breve storia di Archimede:


Archimede, nasce a Siracusa nel 287 a.C. Studia probabilmente ad Alessandria d’Egitto ma poi, in età adulta decide di andare in America a trovare fortuna. E’ proprio in California che trova lavoro presso la Walt Disney Corporation.

Inizialmente attore da quattro soldi, fa fatica a vivere con la vendita delle sue invenzioni, ma l’incontro con Disney cambia la sua vita.

Inizia a lavorare in un set cinematografico ma il culmine del successo lo raggiunge esprimendo il proprio estro creativo nei giornaletti di Topolino, dove, assieme al suo fidatissimo amico Edi, inventano varie cose tra le quali l’attrezzatura di Paperinik.

S’imbatte nella droga, nella prostituzione e nell’alcol ma, consapevole che questa vita non può durare per sempre decide di ritornare alla patria d’origine…


…Oppsss, scusate, mi sono lasciata prendere dall'euforia…
Finito di raccontare cavolate passo alla parte seria e “reale” della storia… :-)




La grandezza del genio di Archimede ha ispirato numerose leggende sulla sua vita e perfino sulla sua morte. Una delle leggende più diffuse, ad esempio, racconta che il "principio di Archimede" fu scoperto dall'eclettico scienziato mentre faceva il bagno in una vasca e che, per l'eccitazione della scoperta, egli si sia slanciato correndo nudo fuori dalla sua abitazione e gridando "Eureka!" (Ho trovato!).


C’è chi dice che la storia è diversa, ma chi lo saprà mai.


Parlando del principio di Archimede mi viene in mente una cosa carina che ha raccontato una sera Maurizio Crozza durante il suo spettacolo al teatro di Verdura a Palermo.
Secondo il principio di Archimede un corpo immerso in un liquido riceve una spinta dal basso verso l'alto pari al peso del liquido spostato.

Secondo il principio di Crozza un corpo immerso nell’acqua…si lava; due corpi…godono; tre corpi…è orgia!!!


Ma ritornando alle cose serie (perché oggi non riesco a concentrarmi e divago?)…


Archimede è anche quello delle leve, quello del “datemi un punto di appoggio, e io vi solleverò il mondo" , è quello che costruì spettacolari planetari in cui i movimenti dei corpi celesti erano simulati con sfere mosse da congegni meccanici, ed è lo stesso che durante l’assedio romano (parrebbe che i romani volevano Siracusa poiché utile per la guerra contro Cartagine perché posizionata in un punto strategico) ha creato catapulte particolari, bracci meccanici che permettevano di rovesciare le navi nemiche e fece anche di più, creò i famosi specchi ustori, con cui mandava a fuoco le navi romane e terrorizzava i nemici abbagliandoli.

Siracusa non solo è patria di grandi personaggi, è anche patria di bellissime leggende, tra le quali una famosissima che ha dato vita alla fonte più importante di Ortigia, quella dove ancora oggi in Europa i papiri nascono spontaneamente: la fonte Aretusa.


Ma chi è Aretusa, e perché una fonte porta il suo nome?


In una magnifica regione della Grecia, l’Arcadia, viveva un cacciatore di nome Alfeo (al solito sono tutti belli, neanche a dirlo).

Alfeo adorava cacciare ed era così dedito a questa attività che non guardava le donne e non s’innamorava mai. Ma Afrodite, la dea della bellezza e dell'amore (i romani la chiamavano Venere) , indignata da tale comportamento tentò Alfeo in tutti i modi, con le più belle e sensuali ragazze, ma il giovane cantava e cacciava e non provava alcuna attrazione.
Un giorno la povera Afrodite, scoraggiata da questo comportamento, andò dal figlio alato Eros (o Cupido per i latini) rimproverandolo perché trascurava il regno della madre. Afrodite raccontò che un giovane cacciatore stimato e temuto, figlio di Dei, disprezzava le sacerdotesse dell’amore, non le degnava di uno sguardo permettendo che soffrissero mentre lui godeva.
Eros, colpito dalle lacrime della madre fu pronto ad aiutarla e mentre le stelle della notte brillavano nel cielo (mi piace questa frase, poco originale ma d’effetto), Eros entrò nel luogo dove dormiva Alfeo, gli andò nel sonno e lo incoraggiò a fare la mattina seguente una battuta di caccia a Siracusa, esattamente ad Ortigia (un isolotto posto accanto alla città) dove vi era selvaggina in abbondanza e lo aspettava una grande sorpresa…
Alfeo si svegliò e partì per la Sicilia dove effettivamente vi era una grande varietà di animali e tra i tanti vide una quaglia dalle penne d’oro e dalle zampette d’oro. Stupito ed attratto da quell’animale, Alfeo fece partire una freccia verso la quaglia e l’uccello si trasformò in una creatura stupenda, nuda e seducente di nome Aretusa, ninfa di Artemide (o Diana, Dea della caccia), una delle dilette più caste che esistevano in circolazione. Aretusa allora incitò Alfeo a scappare perchè l’ira della Dea l’avrebbe colpito.

Ma Alfeo ormai era cotto ed anche Aretusa non scherzava!
Innamorandosi del cacciatore stava sfidando l’ira di Artemide. Non sapendo se scegliere il cuore o la ragione iniziò a correre velocemente ed il giovane la seguì fino a quando, nel momento in cui stava per abbracciarla, Aretusa invocò la dea della caccia e venne trasformata in fonte di acqua cristallina.
Alfeo, preso dallo sgomento, chiese al padre se potesse trasformarlo in fiume, e così avvenne…

In questo modo Alfeo iniziò a gettare le sue acque nella fontana della sua amata.

Di Alessandra Cancarè
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07/04/2010 21:12
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Catania - L’elefante di Catania e la sua leggenda



In piazza Duomo, a Catania, una statua di un elefante che sorregge un obelisco egizio prende il nome di Liotru o Diotru ed è il simbolo della città.


Si narra che il famigerato elefante venne chiamato Liotru in onore di un mago: Eliodoro, detto anche Diodoro, Liodoro, Lidoro, ed anche Teodoro.
Eliodoro visse intorno al 725 d.C quando Catania era una provincia bizantina dell'Impero Romano d'Oriente. Eliodoro aspirava a diventare il vescovo di Catania ma non riusciva ad affermarsi. Un giorno però conobbe uno stregone ebreo, che gli insegnò arti magiche e lo convertì al giudaismo.
Si racconta che una notte Eliodoro si recò presso il sepolcro degli eroi ed iniziò ad evocare il diavolo, grazie a un misterioso scritto che gli era stato consegnato dallo stregone ebreo. Satana infine apparve e gli chiese cosa volesse. Eliodoro gli comunicò le sue ambizioni ed il demonio rispose: “Se rinneghi la fede in Cristo, ti pongo a fianco uno della mia corte, Gaspare, che sarà tuo servo, e ti conferirò poteri magici.” Fu così che Eliodoro accettò ed ottenne poteri sovrannaturali.
Fu lui stesso a costruirsi magicamente l'elefante, con la lava dell'Etna. A cavallo della magica creatura girava per la città, facendo scherzi e dispetti alla popolazione. L’elefante veniva utilizzato, inoltre per i suoi lunghi viaggi da Catania a Costantinopoli.
Eliodoro era veramente perfido.

Si racconta che andasse al mercato e comprasse tutto quel che gli piaceva, pagando con ori e diamanti, ma quando se ne andava, i preziosi si trasformavano in sassi. Una volta convinse il nipote del vescovo a puntare a una corsa di cavalli, facendolo vincere. Ma al momento della premiazione il cavallo vincente parlò rivelando che in realtà era Satana stesso al servizio del mago per lo scherzo, e poi sparì.
Eliodoro venne per tale ragione condotto in carcere, ma riuscì a riguadagnare la libertà corrompendo le guardie con l'offerta di tre libbre d'oro. Anche questa volta utilizzò una grossa pietra all'apparenza d'oro, che in seguito riacquistò la sua forma naturale.
Fu Condannato a morte da Costantino ma nel momento in cui stava per eseguirsi la sentenza, egli domandò in grazia una catinella d'acqua: vi tuffò la testa e sparì misteriosamente, dicendo: " Chi mi vuole, mi cerchi in Catania ! ".
Nuovamente ricondotto dinanzi al boia per aver dato fuoco al “di dietro” della moglie di Eraclio, un ministro di Costantino, Eliodoro, mentre stava per ricevere il colpo di grazia, si rimpicciolì, entrò per la manica destra del carnefice e ne uscì dall'altra, gridando: " Scampai la prima volta; questa è la seconda. Se mi volete, cercatemi a Catania! ". E disparve ancora, facendosi trasportare dagli spiriti nella inquieta città.
Fu il vescovo Leone detto il Taumaturgo che, celebrando una messa propiziatoria riuscì a ridurre il mago Eliodoro in un mucchio di cenere.

Il suo elefante rimase vivo ed è ora simbolo della città di Catania.


A parte le leggende, si ritiene che originariamente la statua dell’elefante sia stato oggetto di culto in un tempio di riti orientali della Città. Stranamente è poi precipitato dal suo altare ai primordi del Cristianesimo e venne portato fuori le mura, dove rimase per più secoli. In seguito dopo essere stato dimenticato per diverso tempo, venne ricondotto in città dai padri Benedettini del monastero di S. Agata e posto ad adornare un antico arco.
Nel 1508, però, essendo stato completato il vecchio Palazzo di Città, l’arco venne abbattuto e l'elefante fu posto sul prospetto della parte nuova dell'edificio, con la seguente iscrizione: Ferdinandus. Hispaniae utriusque. Siciliae. Rege - Elephans erectus fuit a Cesare Jojenio - Justitiario - MDVII
Dopo il terremoto del 1693, l'elefante fu nuovamente abbandonato, finchè, nel 1727, l'olandese Filippo d'Orville, trovandosi di passaggio da Catania, sollecitò che esso venisse innalzato insieme all'obelisco egizio che adesso lo sormonta nella famosa Piazza Duomo.

Di Alessandra Cancarè

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07/04/2010 21:50
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ottimo post!!

i miei complimenti per lo scherzetto di archimede ahahah

Esimia collega devo però dissentire sulla versione del mito da te proposta.
Io ne conoscevo un'altra e che amo particolarmente....

“Aretusa era fra le ninfe a seguito di Diana quella prediletta, essi trascorrevano le loro giornate nei boschi che crescevano rigogliosi sotto il Monte Olimpo in Grecia, inseguendo caprioli e daini. Era bella la nostra Aretusa, ma talmente bella che quasi aveva turbamento e rossore a mostrarsi agli uomini. Durante una battuta di caccia si allontanò troppo dal gruppo di ancelle al seguito di Diana ed arrivò sola davanti alle sponde del fiume Alfeo, le cui acque erano pure, dolcissime e limpide tant’è che si poteva scorgere la ghiaia sul fondo. Era una giornata afosa e la ninfa aveva voglia di fare un bagno. Tutt’attorno v’era di un silenzio singolare, rotto solo dal cinguettare degli uccelli e dal verso delle anatre acquatiche. Aretusa, invogliata forse dal non essere vista e dal caldo opprimente, si tolse le candide vesti, li poggiò sopra un tronco d’albero di salice piangente reciso e s’immerse, iniziando ad entrare in acqua con portamento sinuoso ed aggraziato. Ebbe subito però la sensazione che verso il centro del fiume, l’acqua attorno a lei cominciasse a fremere e a formare dei vortici quasi danzanti, qual cosa di magico stava forse per succedere pensò, sembrava come se quell’acqua la volesse accarezzare ed avvolgere a se. Turbata da queste sensazioni cercò di uscire affrettatamente dalle acque, ma fu proprio in quel momento che il fiume Alfeo si tramutò in un bel giovane biondo che, sollevando la testa fuori dell’acqua e crollandosi la folta chioma, si mostrò alla ninfa Aretusa, con gli occhi di un innamorato.


La ninfa però presa dalla pausa riuscì a svincolarsi e a raggiungere con grande sforzo la riva, dove fuggì nuda e gocciolante. Alfeo con un balzo felino uscì anch’egli dal suo fiume e la inseguì senza vesti e colante di gocce d’acqua. Questo rincorrersi durò parecchio ed Alfeo non riuscì in un primo momento a raggiungere la ninfa. La seducente Aretusa però, cominciò a stancarsi e capì che le forze le venivano meno. Sentì che Alfeo stava per raggiungerla e violarla, lei che era una vergine selvaggia e pudica e che non aveva mai conosciuto l’amore.
Aretusa, per paura di essere raggiunta sopraffatta e profanata, chiese protezione a Diana , invocando di essere trasformata in sorgente in un luogo possibilmente molto lontano dalla Grecia.
Diana prima la avvolse in una nebbia misteriosa e la celò alla vista di Alfeo, poi la tramutò in una sorgente e la portò, come in uno strano sortilegio, in Sicilia a Siracusa presso l’isola di Ortigia.
Alfeo in mezzo a quella foschia perse così di vista la sua bella ninfa, ma non desistette dal cercarla e restò sul posto. Quando la nebbia però si diradò non trovò più nulla, vide solo come in uno specchio una fonte d’acqua zampillante ed immersa in un giardino meraviglioso. Alfeo capì il prodigio ed era talmente innamorato che straripò d’amore. Gli dei ne ebbero pietà e Giove l’onnipotente gli permise di raggiungere la sua amata, ma Alfeo dovette fare un grande sforzo, scavò un sotterraneo sotto il Mare Ionio e dal Peloponneso venne a sbucare nel Porto grande di Siracusa, accanto alla sua bella amata: Aretusa. Insieme vissero felici per sempre”.
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in più dei particolari leggendosi mi piacciono ancora di più...

L’altro racconto favoleggiante tramandatoci, vuole che in quel periodo greco, quando ad Olimpia si sacrificavano i tori agli dei, le acque della Fonte Aretusa si coloravano di rosso, segno tangibile del legame sotterraneo(Il sito di Olimpia sorge sulle rive dell'Alfeo nel peloponneso), oppure che una coppa lasciata nell'alfeo in grecia spuntasse nella fonte Aretusa.

Secondo il Mirabella, che volle rafforzare il mito, quell’ampia polla d’acqua sempre dolce che emerge ribollendo dalle rive del mare nel Porto Grande di Siracusa, detta anche “Occhio della Zillica”, non è altro che Alfeo che si ricongiunge ancora oggi le sue acque con quelle dell’amata Aretusa.
[Modificato da Dottore Pannunzio 07/04/2010 21:55]


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07/04/2010 21:59
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quella del Liotro l'avevo letta su Fb...troppo divertente e molto intrigante!!


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si si...bella anche questa versione.....ma sembra che ad aretusa non piaccia alfeo!!!....e gli voglia scappare a tutti i costi!....


Occhio della zillica?????....mai sentita dire sta cosa!!!....dammi maggiori delucidazioni!!!


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